Ke nako!
Cosi' vuole iniziare anche il tamtam di Dicembre a fare eco a un
momento importante.
Sono state le parole di Mandela quasi a implorare: Il tempo e' venuto.
Nelle parole di Jacob Zuma, presidente del Sud Africa, in futuro si
dira' prima e dopo il 2010.
Gremitissima la sala del Cape Town International Convention Center di
Cape Town nella sera del 4 Dicembre.
Dopo anni di preparazione cominciava con una grande festa la World
Cup. Per tanti il tutto si sara' fermato al sapere con che squadra
avremmo giocato. Per l'Africa era il momento della verita'. Non solo
per mostrare che la struttura messa in piedi poteva reggere: dieci
stadi tra cui la bellissima citta' sportiva del Soccer City di
Johannesburg con lo stadio a forma di calabash, la zucca che fatta
seccare serve per bere al villaggio la birra nei giorni di festa ma
anche per tenerci l'acqua pulita... (L'impegno messo e' stato quasi
eccessivo, basta pensare che dall'11 Giugno all'11 Luglio chiuderanno
tutte le scuole per non intasare le strade alla grande invasione). Ma
per poter emergere a livello di tutte le nazioni e dire ci siamo. A
nome del continente Africa, per la prima volta si guadagna uno spazio
nella propria coscenza di autostima e volonta' di emergere.
In risposta a tanti anni quando i giocatori africani si ricavano spazi
importanti a fare da giocolieri per le nostre domeniche, mentre i loro
barconi sono ributtati a mare...
e piu' ancora per una presa di coscenza interna al continente Africa:
solo lo scorso anno il Sud Africa che era stato sostenuto a caro
prezzo da tanti paesi perche' si liberasse dall'apartheid, aveva
letteralmente bruciati vivi per strada tanti fratelli africani
colpevoli di essere Mozambicani o Zambiani. Quanti pulman carichi di
feriti avevano riportato a casa Malawaiani a cui era stato rubato
tutto. Solo un anno fa.
Ke nako! Nelle parole di Mandela, davanti ai precedenti presidenti
Thabo Mberi, a De Klerk, all' arcivescovo anglicano Desmond Tutu,
c'era la volonta' di ripetere che gli ati di xenofobia erano
aberrazioni inaccettabili. Quanta volonta' di poter ricominciare
daccapo pur coscienti che l'equilibrio rimane instabile, quanta
necessita' di guarigione.
E' stato molto bello come hanno saputo raccontare dell'Africa e della
cultura, della voglia di vivere e di sognare.
Vissuto dal sud del mondo, questo richiamo alla festa e alla
riconciliazione aveva un parallelo che abbiamo vissuto come chiesa, la
festa del Sinodo per l'Africa di cui le comunita' cristiane attndono
di ricevere quello che diventera' il cammino a venire della Chiesa. Ci
avviciniamo al nuovo anno con attese importanti. Sono delle sfide su
cui si gioca tanta parte del domani. Sia pure a livelli diversi, il
calcio ci sfida. Ha avuto la forza di fidarsi dell'Africa. E gia' si
preoccupa che non finisca tutto con l'ultima partita e alla Coppa del
mondo hanno aggiunto un grande programma di promozione dell'Educazione
e della Salute e hanno raggiunto quasi tutti i paesi africani con
progetti sportivi per i giovani. Una sfida al Sinodo? Positivamente
lo e'. Cosi' come l'anno che viene ripete alla chiesa l'appello di
Nelson Mandela: Ke nako! Questo e' il tempo.
Un campionato africano? Dicono sara' in the african way. Al suono
assordante delle vuvuzela la squara dei Bafana Bafana del Sud Africa,
86 esima e la piu' in basso nella lista delle 32 squadre partecipanti,
assieme alle altre cinque squadre africane di Costa d'Avorio (che
pareggiando a Blantyre con goal di Drogba ha eliminato il Malawi),
Ghana, Cameroon, Nigeria e Algeria, faranno vivere un grande momento
per l'Africa. Come la pubblicita' ripete "Make sure you can say: 'I
was there. - Book a seat in history".
La missione vive anche questi momenti di festa. E il tam tam ripete Ke
nako. Il momento atteso e' ora! Esserci e' importante.
L'Avvento difficile del Malawi 2009
Non era mai capitato. Che il paese si fermase perche' non c'e' piu'
benzina e diesel nel paese. Il passato non si viaggiava molto perche'
non c'erano le macchine. Ora proprio manca il carburante. Quel poco
razionato che arriva a pioggia in poche filling stations crea tensioni
mai vissute al punto che l'esercito ha cominciato a presidiare i punti
di distribuzione.
E' un risveglio difficile quello che il paese sta cercando di capire.
Eravamo il paese che aveva sconfitto la fame. Avevano dato premi e
riconoscimenti al presidente Bingu wa Mutharika. Eravamo lo scorso
anno il paese che a livello mondiale aveva il tasso di crescita piu'
alto. Le elezioni presidenziali avevano dato coesione al paese che
aveva votato contro sia il regionalismo che le divisioni tribali.
La fragilita' dei paesi africani e' cosi' grande che obbliga la
societa' civile, le organizzazioni internazionali e le chiese ad
essere delle vere sentinelle che non dormono.
Sono in molti a vedere un parallelo tra il vissuto economico-politico
del Malawi e quello dello Zimbabwe.
La parola piu' usata e' ora quella
Prima e' cominciato il segnale di un'economia che non dava i risultati
aspettati. Il tabacco non vendeva bene. Il cotone poi e' diventato una
tragedia nazionale che ha visto lo scontro tra la presidenza dei paese
e gli acquirenti internazionali che dettano il prezzo. Il mancato
dialogo ha abbandonato i contadini a loro stessi. Quello che volevano
vendere a 90 kwacha e' stato letteralmente svenduto a 20 kwacha. Un
disastro senza precedenti a cui il governo tenta ora di rimediare
quando e' troppo tardi e migliaia di contadini sono ridotti alla fame.
Poi e' venuta la rivelazione che il paese non ha valuta estera che
garantisca gli acquisti all'estero di materie prime per le poche
fabbriche che ormai stanno chiudendo. La chiusura dei bureau di
cambio, il tentativo di racimolare e controllare tramite le banche
anche gli spiccioli di forex hanno aumentato la tensione e il mercato
interno dominato dagli indiani si e' chiuso a riccio. Il grande
sviluppo che veniva esaltato come una conquista sicura ha portato il
paese a spendere piu' di quanto poteva.
Poi ancora la rivelazione che senza copertura ufficiale del budget
della finanziaria la presidenza ha comperato un jet al costo di 19
milioni di dollari. I soldi spesi per finanziare la campagna
elettorale che E in breve successione la mancanza di diesel alle pompe
della benzina. Prima solo in ancune citta' poi in tutto il paese. Come
dicono i giornali, nel suo mausoleo l'antico presidente Kamuzu Banda
dorme sonni da incubo. Mai il suo paese era stato lasciare allo
sbando. Ora il problema e' arrivato al punto che i soldati presidiano
le stazioni della benzina e i sindacati preparano manifestazioni di
massa contro l'attuale conduzione del paese.
Se il censimento fatto parla di 13 milioni e 70 mila malawaiani
presenti, dice anche che 5.3 milioni sono analfabeti e 700 mila
ragazzi in eta' scolare non frequentano. Il mancato investimento
nell'educazione e nel campo della salute nega prima ancora di iniziare
la possibilita' di sviluppo del paese.
Non sta' andando meglio nel campo della politica: la stravincita
elettorale non riesce a tramutarsi in partecipazione della gente al
bene comune. Il governo ha tutto il potere a disposizione: il fratello
del presidente Peter Mutharika e' ministro della giustizia, il
parlamento conta il 75% di maggioranza e l'esecutivo e' sempre piu'
solo e guida il paese con misure da assedio. Il governo con una mossa
vicina allo stile dittatoriale ha voluto nominare il leader
dell'opposizione in parlamento, esiliando una volta per tutte John
Tembo. Ultima in ordine di tempo, ha passato a legge il potere della
polizia di assaltare senza nessun mandato del magistrato, case e
proprieta' dei propri cittadini. Allo stesso tempo e piu' grave ancora
nega la possibilita' delle elezioni delle amministrazioni locali come
stipulato dalla Costituzione.
Sono piu' di segnali. Piu' di un sentiero. E' il precipizio da cui
diventa difficile tirarsi in dietro. L'esempio dello Zimbabwe e'
troppo vicino nello spazio e nel tempo.
La litania sembra allungarsi troppo e dimenticare il positivo che
cerca di emergere. E' iniziata la vendita dell'uranio dalla miniera a
nodr dl paese, Ma viene trattato come un segreto di stato soprattutto
per quelli che possono essere i rischi di contaminazione.
Il Malawi che abbiamo conosciuto negli ultimi anni e che dice di aver
sconfitto la fame non esiste. L'ultima spiaggia e' ancora la speranza
di piogge abbondanti e un buon raccolto. E soprattutto la possibilita'
di mercati internazionali che non invadano i paesi poveri com veri
caimani che si mangiano tutto. Non serve dare qualche aiuto spicciolo
e poi abbandonaree a loro stessi interi mercati delle materie prime e
prodotti agricoli.
Un Natale difficile quello che si sta avvicinando. Magari domani la
benzina puo' ritornare alla filling station, ma e' soprattutto il
senso di sfiducia e divisione del tessuto sociale che ha nella
crescita della corruzione il risultato piu' evidente. Un malessere
piu' grave di quando sapevamo di essere poveri ma con tanta dignita'.
La chiesa del Sinodo, del richiamo alla Chiesa d'Africa di mettersi
in piedi, ha oggi in Malawi un acmpo enorme di presenza. Ancora come
all'inizio. Assieme all'annuncio del Natale, si ricomincia dalla
scuola, il dispensario medico, il lavoro e la carita' per gli ultimi.
La missione ha i suoi inizi proprio a Natale e ancora una volta a
dirci che la speranza nostra e' avvolta nella mangiatoia che mai si
arrende. Da allora in poi non finisce piu' questo lungo cammino, e' un
avvento fino alla fine.
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